Nel vortice della crescita aziendale, la formazione dei nuovi dipendenti non è solo una tappa obbligata: è il cuore pulsante del successo. Ma se ancora ci si affida a metodi obsoleti, il rischio è quello di affondare nei costi nascosti di un’inefficienza mascherata. Uno di questi metodi è il famigerato Buddy System: un approccio apparentemente semplice, che spesso si rivela un boomerang, incapace di trasferire conoscenze complesse con la precisione e la profondità necessarie.
Ti immagini catapultato in un’azienda all’avanguardia, pronto a imparare dai più bravi. Ti assegnano un “buddy”, un mentore, un veterano che dovrebbe trasmetterti il suo sapere. L’idea sembra perfetta: guardi, imiti, impari. Ma la realtà? Spesso è una farsa.
Il Buddy System si fonda su un’illusione pericolosa: che l’osservazione passiva di un esperto sia sufficiente a trasformare un principiante in un professionista. Questo modello ignora l’essenza dell’apprendimento pratico e il valore di un percorso strutturato. Le aziende che si aggrappano a questa soluzione scoprono presto che i nuovi arrivati arrancano, incapaci di raggiungere il livello di competenza richiesto.
Il problema è triplice. Prima di tutto, il tempo. Gli esperti sono sommersi dal lavoro e il loro impegno verso i nuovi dipendenti è spesso frammentato, relegato ai margini di una frenesia continua. Poi c’è l’assenza di un feedback strutturato. Senza un riscontro costante, gli errori si radicano e diventano quasi impossibili da estirpare. Infine, l’eterogeneità delle tecniche: ogni esperto ha il suo stile, e la formazione diventa un mosaico incoerente.
Pensiamo alle realtà industriali avanzate: un operatore navigato può compiere un’operazione in pochi minuti, ma un novizio, senza una guida dettagliata, rischia di impiegare ore, accumulando errori costosi. Allora, cosa fa il nostro istruttore, il lavoro lo fa lui, ed usa il neoassunto come assistente: film già visto tante volte, o sbaglio?
La Toyota, emblema dell’efficienza, ha abbandonato il Buddy System, optando per metodologie di formazione più strutturate, ottenendo miglioramenti tangibili e significativi.
Per invertire la rotta, sempre più aziende puntano sul metodo “train the trainer”: formatori dedicati, con una profonda padronanza dei processi, conducono sessioni strutturate, garantendo coerenza, correzione immediata degli errori e un reale trasferimento di competenze. La differenza? Un balzo avanti verso l’eccellenza, senza compromessi.