Ogni giorno, manager e lavoratori si scontrano con problemi di performance, spesso attribuendo la colpa agli individui. Ma il problema reale potrebbe essere nascosto, invisibile ai più: il processo.
Durante una visita a un fornitore automobilistico, fu scoperto un problema strutturale che minava l’intera produzione. L’azienda, che produceva componenti per Toyota, subiva enormi inefficienze non a causa della mancanza di competenze, ma per via di processi frammentati e mal gestiti. La responsabilità non era assegnata a nessuno in particolare, e ciò creava disorganizzazione, accumulo di materiale inutile e un uso scorretto dei kanban. Un dettaglio emerso? Due clienti richiedevano lo stesso componente, ma uno imponeva l’uso di contenitori grandi e l’altro di contenitori piccoli, creando confusione nel sistema produttivo. Questa disparità, apparentemente insignificante, generava caos e frustrazione tra i dipendenti, obbligati a compensare le falle del sistema.
La situazione nelle celle di produzione peggiorava ulteriormente. Difetti e interruzioni erano all’ordine del giorno, e invece di essere affrontati con soluzioni strutturali, venivano tamponati con interventi occasionali. La capacità della forza lavoro non era messa in discussione, ma senza un processo stabile e standardizzato, anche i lavoratori più capaci risultavano inefficaci. Il risultato? La percezione di un fallimento personale, quando in realtà il fallimento era del sistema.
Le aziende spesso cadono nella trappola di incolpare il personale, ignorando che senza un processo chiaro, anche il migliore degli operatori non può eccellere.
L’inefficienza non è una colpa individuale. È il processo che va ripensato, e solo così è possibile trasformare la frustrazione in produttività.