Quando tutto è perfettamente allineato — nastri a terra, colori codificati, oggetti al millimetro — il lavoro fila liscio. Ma se il contesto cambia, quella stessa precisione può diventare un freno, non un vantaggio.
Standardizzare è comodo: meno errori, meno perdite di tempo, più controllo. Funziona alla grande finché le condizioni restano uguali. Appena qualcosa si muove, però, il sistema inizia a scricchiolare. E chi ci lavora dentro si ritrova con le mani legate.
A volte, serve spostare una scaffalatura, cambiare un’etichetta, improvvisare una soluzione. In ambienti troppo rigidi, anche solo proporlo sembra un’eresia. E l’energia si disperde nei corridoi dell’approvazione.
L’assenza di caos non basta a dire che tutto funzioni. La vera efficienza sta nel costruire spazi ordinati, sì, ma abbastanza intelligenti da lasciare margine.
Quel margine, piccolo ma decisivo, è dove si annida l’inventiva che fa la differenza.