Si parla spesso di KPI, a volte anche in modo improprio. I KPI non sono semplicemente numeri: in questo decalogo cercherò di fare chiarezza.
- I Key Performance Indicator sono un sistema a cascata top-down.
- Al top ci sono gli azionisti con i loro bisogni da soddisfare.
- Ogni funzione aziendale XYZ dovrebbe disporre di 4 gruppi di indicatori.
a) I suoi KPI: sono i numeri impattano direttamente sulla performance della funzione superiore (ed eventualmente di altre funzioni);
b) Altri indicatori interni a XYZ: non sono KPI perché non dovrebbero interessare ad altri, ma ne sono le concause che XYZ vuole monitorare;
c) L’impatto delle altre funzioni aziendali sulle performance di XYZ: sono i KPI dei subordinati a XYZ (ed eventualmente di altre funzioni);
d) L’impatto di cause esterne all’azienda. - La lista dei KPI di XYZ viene definita dalla funzione superiore, che ne è cliente.
- Ogni KPI deve avere un budget e una review periodica.
- In periodi di crisi ogni funzione scende di un livello, e quindi è corretto che ogni funzione superiore voglia
a) Analizzare sia i KPI che i non-KPI dei suoi subordinati;
b) Effettuare review più frequenti - Se a) e b) avvengono troppo spesso, allora esiste un problema di delega del superiore o di capacità del collaboratore.
- È importante che ogni elemento della cascata conosca l’effetto del suo operato sui bisogni degli azionisti: per capirlo basta risalire la cascata.
- Un indicatore è utile se porta a miglioramenti o se è fondamentale tenerlo controllato.
- Senza le misure, non esiste miglioramento; con troppe misure si diventa dei control freak che rischiano di invilupparsi.